lunedì 6 maggio 2013

La tecnica del piede nella porta e' come una palla di neve


"La tecnica del piede nella porta, in inglese foot-in-the-door technique, è una tecnica che consiste nel convincere qualcuno a fare qualcosa introducendo prima una richiesta più piccola."
Mi sembra che da un anno a questa parte prendo decisioni sempre piu' stupide, negative, inutili, controproducenti, giustificate dal fatto che ammettere che le decisioni prese precedentemente siano state un fallimento clamoroso e' fuori questione. Quindi una piccola decisione stupida lascia il posto ad una decisione leggermente piu' stupida e a sua volta ad una decisione ancora un po' piu' stupida. Alla fine di tutto questo, se ho il coraggio di fare un bilancio, mi rendo conto che tante volte tiro avanti solo perche' mollare tutto mi farebbe sentire un enorme fallimento, frustrata per il fatto di aver dedicato, sprecato tutto questo tempo ed energie per cause inutili e senza vedere risvolti positivi. 
Dopo un anno, esattamente 14 mesi di vita newyorkese, mi trovo e sento esattamente come il primo mese: con pochi soldi, tanti debiti, tante frustrazioni, tanta tristezza, e questo sentimento di perenne attesa. Attesa di cosa, mi chiedo, di avere prima o poi il coraggio di andare via, di scegliere una vita, di stabilita', di desiderio e non terrore di mettere le radici da qualche parte. Del giorno in cui mi dovro' chiedere cosa voglio fare da grande, cosa voglio essere da grande e dove, senza possibilita' di rimandare ulteriormente, senza se e senza ma, senza potermi nascondere dietro a futili scuse o motivazioni.

lunedì 28 gennaio 2013

“Times Square can’t shine as bright as you, I swear it’s true."



Vorrei avere piu’ tempo. Tempo per imparare una nuova lingua, tempo per fare un corso, prendere una certificazione, tempo per farmi qualche passeggiata in piu’ per la citta’, vorrei non essere sempre cosi stanca la sera ed avere modo di godermi una cena fuori, un cinema.

E’ passato un anno e per fortuna sono tornati tutti i buoni propositi e la voglia di novita’ dei primi tempi. Sara’ l’anno nuovo, sara’ che la scelta di rimanere la compio ogni giorno, cosciente o non. E’ naturale, automatico andare avanti per inerzia ma mi capita spesso di fermarmi a pensare qual e’ il senso, la direzione del mio essere qui, forse perche’ l’alternativa sarebbe cosi facile, prendi un aereo e torni a casa, e ritrovi affetti famiglia amici, tutto quello che ti ha rassicurato per una vita e ti manca tanto. Poi pero’ mi ricordo che non e’ cosi semplice, che sono partita proprio per questa voglia di novita’ e di esperienze, e che tutto quello che e’ successo qui, nel bene e nel male, mi ha fatto crescere, maturare, vedere la vita da una prospettiva diversa. Ha confermato che e’ proprio vero, per quanto sembra banale, che tutto quello che non ti uccide ti fortifica e tutto il malessere ti fa apprezzare i mille colori e le mille sfumature di felicita’ che la vita ti offre ogni giorno.

In Revolutionary Road Di Caprio dice “I want to feel them. Really feel them. How’s that as an ambition?”. Le sento, le provo tutte: mi ricordo sempre di una persona che mi diceva di abbracciare ogni momento di tristezza e di solitudine, perche’ non succede niente, e piu’ si e’ vicini alle proprie emozioni piu’ ci si avvicina al proprio Io, e alla felicita’. Sono uscita da quell’apatia paralizzante che provavo a Roma, ora forse piango troppo, mi permetto tutti quei capricci che mi vietavo da bambina, pero’ allo stesso tempo anche le emozioni positive rimbombano dentro di me all’ennesima potenza. Come quando mi trovo in mezzo a Times Square e rimango estasiata da tutte quelle luci, da tutti quei cartelli, da tutte quelle persone. 

L’unico pericolo che sento veramente e’ quello di non riuscire piu’ a sentire niente.

domenica 27 gennaio 2013

Come un quadro di Pollock

Leggo diversi blog in attesa che mi venga l'ispirazione. C'e' cosi tanto da dire su New York eppure non so da dove cominciare... Sono capitata in un blog che si chiama "New York taught me" e mi ha fatto sorridere. Quanto una nuova citta' ti possa insegnare, ti possa cambiare, ti possa far tirare fuori lati di te che non pensavi neanche di possedere, mi e' chiaro solo ora. Di certo non lo era un anno fa quando sono arrivata. Quanto ci si possa sentire soli, l'ho imparato qui. Quanto ci si possa sentire vivi, anche questo l'ho imparato qui. 
"NY 101: It'll rob you and cheat you. It'll take your friends and turn them on you. It'll kick your ass and break your heart. But then it'll pick you up again, MAKE YOU FEEL SO TOTALLY ALIVE AND UNTOUCHABLE. It's the center of the world, it's the best place in the world, and once it's in your heart, it'll never leave you."
Mi sono chiesta tante, troppe volte se NY entrera' mai veramente nel mio cuore. L'altra sera una ragazza mi ha detto di aver dovuto aspettare 3 anni prima di sentire questa citta' come la sua casa. Penso sia soggettivo, penso che cio' che rende un posto "casa" dipende dalla persona. Eppure a me e' andata meglio di molti altri, ho una casa un lavoro un ragazzo. 
Se fossi in un altro posto, migliorerebbe? "Come ci si sente stupidi a pensare a tutto il tempo che sprechiamo a desiderare di essere altrove", scrive D'Avenia. 
Una volta ero da Starbucks, aspettando una persona. Ho pensato a quanto questa citta' ti entri nelle vene, a quanto vibri dentro la tua pelle. Le strade, le luci, i palazzi cosi' alti, sei uno sputo in un posto immenso ma allo stesso tempo ne fai parte, sei importante.
Tante volte in questo anno mi sono sentita cosi: